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EMANUELE GIAMPAOLO

PITTORE - SCULTORE


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EMANUELE GIAMPAOLO

DIVINA COMMEDIA 

Emanuele Giampaolo realizza un'opera per ogni Canto della COMMEDIA dantesca. Una delle opere letterarie più importanti della storia dell'umanità tanto da essere stata definita DIVINA.

IX° Canto dell'Inferno

 

"Vegna Medusa: sì 'l farem di smalto",
dicevan tutte riguardando in giuso;
"mal non vengiammo in Teseo l'assalto"...



Ahi quanto mi parea pien di disdegno!
Venne a la porta e con una verghetta
l'aperse, che non v'ebbe alcun ritegno...



E io: "Maestro, quai son quelle genti
che, seppellite dentro da quell'arche,
si fan sentir coi sospiri dolenti?" ...

 

 

Dubbi di Dante e spiegazioni di Virgilio. Apparizione delle tre Furie, che invocano Medusa. Arrivo del messo celeste, che piega le resistenze dei demoni e permette il passaggio dei due poeti. Ingresso nella città di Dite (VI Cerchio). Pena degli eresiarchi.
È la notte di sabato 9 aprile (o 26 marzo) del 1300.

 

 

clicca qui per il Canto completo

Inferno Canto IX - La Divina Commedia (weebly.com)

Divina Commedia di Emanuele Giampaolo Purgatorio pittore - scultore

 

IX Canto, la città di Dite

Nella città immaginaria di Dite, che ha l'aspetto di un quartiere islamico con moschee, torri e mura arroventate dal fuoco, le creature di Emanuele Giampaolo sono ombre tratte da un’altra dimensione temporale, precipitate nella società attuale e nelle sue terribili contraddizioni quasi a loro insaputa: vivono un supplizio antico, ma scontano la più moderna delle contraddizioni, la volontà di guardare oltre le verità confezionate, assunte secondo un principio di autorità che non accetta di essere messo in discussione dalla ragione.

Eretico è -per definizione, nel mondo classico- la persona che, dopo aver ricevuto il battesimo, avendo assunto e conservando il nome di cristiano, nega con ostinazione alcune delle verità che si devono credere per fede divina e cattolica, o dubita di esse; il dubbio, per Emanuele Giampaolo, è esattamente in quell’ostinazione, in quel perseverare che è ritenuto diabolico, nell’affermazione del libero pensiero, nella conseguente assunzione di colpa che una tale impostazione comporta. La scoperta dell’infinito è qui determinante anche sul piano gnoseologico: Emanuele Giampaolo rappresenta l’umano quasi spiegandoci allo stesso tempo la divinità, prendendo a prestito l’attitudine e gli strumenti di Giordano Bruno -come lui campano, come lui eretico- spiegandoci che la conoscenza dell’abisso è conoscenza della divinità, e che nonostante la sproporzione esistente tra uomo e Dio, quest’ultimo sia parzialmente conoscibile: infatti all’uomo è permesso conoscere l’immagine dil dio, cioè l’universo, attraverso l’eroico furore, il superamento che l’uomo fa di sé stesso per ritrovare in sé Dio.

Le anime incolori, differenti per altezza e estensione a seconda del loro peccato, raccolgono le grida delle Furie, assistono all’apparizione di Medusa, sono in primo piano rispetto al messo celeste, bruciate e divorate dalla Colpa.


 

Attento si fermò com’uom ch’ascolta; 

ché l’occhio nol potea menare a lunga 

per l’aere nero e per la nebbia folta. (Canto IX, 4-6)



 

Questo dolore senza possibilità di redenzione e di requie, la consumazione della figura che ne deriva e che è in apparente contrasto con la sua integrità di fondo -consumazione parziale quindi ancora più mostruosa, colpita a metà dal disfacimento e dalla disgregazione- diviene espressione dell’Abisso del secolo degli abissi, ed è vicina all’ossessione della carne che era già stata di Francis Bacon

Come il pittore irlandese, Emanuele Giampaolo riporta la figura al centro della rappresentazione, coglie il decadimento dell’uomo – che è, prima di ogni altra cosa, culturale e contingente – raffrontandolo con la pienezza confortante dell’età rinascimentale e di quella dei Lumi. Emanuele sceglie fotogrammi che deturpa, tagliuzza, sottopone a un rito di iniziazione che ha qualcosa di antropofago, di mostruoso; con violenza e compassione agglomera le vittime, le sviluppa nell’intreccio pittorico, le dispone per eccesso creando exquisite corpse in cui ogni partecipante ignora il dolore e, quindi, il contributo, degli altri, una massa abnorme che si riproduce quanto più si tenta di cancellarla o lacerarla.

Il filo della costruzione è terribile e chiaro: la perdita del senso e del senno, il crollo del soprannaturale, lo scandalo della nascita e l’orrore dell’esistere.


 

dove in un punto furon dritte ratto 

tre furïe infernal di sangue tinte, 

che membra feminine avieno e atto (Canto IX, 37-39)



 

Così come per le Furie di Bacon, che risalgono agli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, Emanuele Giampaolo traccia figure che vomitano angosce e paure, che ci riportano alle profondità più oscure della psiche fino a toccare il fondo della natura umana, per poi risalire in uno spazio dove tutto ridiventa chiaro, fino ad arrivare alla Luce: il Messo Celeste, che nella Divina Commedia permette il passaggio dei demoni

-l’Arcangelo che viene dal Limbo e non dal Paradiso- ha un’ala distesa e l’altra raccolta, a simboleggiare la possibilità di riscatto e la compassione per lo spettacolo delle miserie umane, l’accettazione e l’assoluta offerta di sé (cos’altro è, in fondo, l’arte?) la possibilità ultima di vincere contro l’oscurità e le forze diaboliche, guidando alla salvezza per misteriose vie.


 

Ben m’accorsi ch’elli era da ciel messo, 

e volsimi al maestro; e quei fé segno 

ch’i’ stessi queto ed inchinassi ad esso. (Canto IX, 85-87)



 


 

Scritto da

François Nédel Atèrre

François Nédel Atèrre (pseudonimo di Francesco Terraccia­no) è nato a Napoli, dove vive e lavora, nel 1967.

È laureato in Economia e Commercio.

La letteratura, contrappunto alla formazione universitaria e professionale, è costantemente al centro dei suoi interessi: lo studio della poesia europea – del modello italiano, inglese e francese così come delle significative testimonianze russe del Novecento – ha motivato la sua partecipazione a numerose iniziative, mante­nendo vivo il contatto con una realtà complessa e in continua evoluzione.

Ha pubblicato una raccolta di poesie, Phonè (1992) e un vo­lume di racconti, Il Salice Bianco (1993), entrambi con lo pseudonimo di Francesco Miti.

Numerose le sue collaborazioni con riviste letterarie e le par­tecipazioni a progetti editoriali, rassegne e seminari.

A marzo 2018 ha presentato i suoi lavori in Danimarca alla Biblioteca di Ordrup con la Dante Alighieri Copenhagen, nell’ambito della manifestazione “Primavera Italiana”.

Una sua poesia ha vinto il primo premio al Concorso Città di Sant’Anastasia XVI Ed.ne (NA) nel 2018.

Del 2018 è la raccolta poetica “Mistica del quotidiano”, Terra d’Ulivi edizioni.

Del 2019 è la raccolta poetica “Limite del vero”, La Vita Felice edizioni.

Divina Commedia di Emanuele Giampaolo Inferno pittore - scultore

XXII° Canto del Purgatorio

Divina Commedia di Emanuele Giampaolo Purgatorio pittore - scultore

 

 

"...Or sappi ch'avarizia fu partita
troppo da me, e questa dismisura
migliaia di lunari hanno punita..."


"...Per te poeta fui, per te cristiano:
ma perché veggi mei ciò ch'io disegno,
a colorare stenderò la mano..."


Ma tosto ruppe le dolci ragioni
un alber che trovammo in mezza strada,
con pomi a odorar soavi e buoni...
 

 

Salita alla VI Cornice. Stazio spiega il suo peccato di prodigalità e il suo Cristianesimo; nomina illustri personaggi del Limbo. Ingresso nella VI Cornice: esempi di temperanza.
È la mattina martedì 12 aprile (o 29 marzo) del 1300, verso le undici.
 

 

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Purgatorio Canto XXII - La Divina Commedia (weebly.com)

II° Canto del Paradiso

Divina Commedia di Emanuele Giampaolo Paradiso pittore - scultore

 

 

Parv'a me che nube ne coprisse
lucida, spessa, solida e pulita,
quasi adamante che lo sol ferisse...



Ed ella: "Certo assai vedrai sommerso
nel falso il creder tuo, se bene ascolti
l'argomentar ch'io li farò avverso..."



"...Virtù diversa fa diversa lega
col prezioso corpo ch'ella avviva,
la qual, sì come vita in voi, si lega..."
 

 

Monito di Dante ai lettori. Ascesa di Dante e Beatrice nel I Cielo della Luna. Beatrice confuta l'opinione di Dante circa le macchie lunari e ne spiega la vera origine.
È il primo pomeriggio di mercoledì 13 aprile (o 30 marzo) del 1300.

 

Monito di Dante ai lettori (1-18)
 

Dante si rivolge ai lettori non in possesso di perfette conoscenze teologiche e li ammonisce a non mettersi in mare seguendo la scia della sua nave, poiché rischierebbero di restare smarriti: la rotta seguita dalla poesia dantesca non è mai stata percorsa da nessuno e il poeta è assistito dall'ispirazione divina. Solo coloro che si sono dedicati per tempo allo studio della teologia possono seguirlo senza timore e, leggendo il Paradiso, resteranno meravigliati non meno degli Argonauti quando videro il loro capo, Giasone, che arava un campo come un contadino.
 

 

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Paradiso Canto II - La Divina Commedia (weebly.com)

VIDEO

Un breve stralcio di alcuni video ed immagini delle tre opere che il pittore ha raccolto durante le sessioni di pittura