EMANUELE GIAMPAOLO
ARTE RELIGIOSA
Nell'opera misericordia,
l'autore ha voluto rappresentare in modo plastico l'umanità di Gesù, vero Dio ma soprattutto vero uomo.
La sofferenza di quest’uomo è appena accennata e si percepisce attraverso un "vedo non vedo" espresso dai chiaroscuri di quelle ferite lasciate dai chiodi sulle mani e della ferita aperta sul costato. Quest'ultima sembra invitare anche noi a mettere il dito in quella piaghe come l'apostolo Tommaso per chiedergli di guarire la nostra incredulità.
Guardando questo dipinto la prima cosa che mi colpisce è il "non volto" di Gesù.
Siamo abituati ad immaginare erroneamente un Gesù ispanico, biondo con gli occhi chiari (alla Zeffirelli intendiamoci).
L' artista ha volontariamente , voluto uscire da qualsiasi schema per indicarvi che quel volto per noi immaginabile è il volto di qualunque essere umano, soprattutto se è nel dolore o nella sofferenza .
È il mio volto. Il tuo volto. Il volto che si rispecchia negli uomini amati dal signore.
Non è un volto privo di identità, ma il contrario.
Ci identifica e ci rappresenta.
È memoria di un corpo martoriato ma trasfigurato per amore.
Solo la redenzione può aiutarci a capire questo arcano linguaggio di amore.
Da quella ferita aperta sul costato, da cui è entrato tutto il male dell’umanità sofferente e peccatrice, fuoriesce la luce della grazia, di un non giudizio mai pronunciato per l'uomo di tutti i tempi.
Non c'è lo strazio di un martirio di sangue, ma l'accoglienza calda e premurosa di un Dio che mette sempre e comunque al primo posto l'uomo così com'è, nella sua interezza.
Anche quest'opera, a mio avviso, ci interpella e ci inoltra in un mistero che è più grande del nostro "comprendere" tutto e tutti. Perché ci lascia la responsabilità di capire, pur non vedendo, di amare pur non essendo amati, di ritrovare la pace pur rischiando di perderla continuamente perché' dalle sue piaghe siamo guariti e salvati.
Coerente con sè stesso, dandosi completamente e senza riserve a un uomo creato a sua immagine e somiglianza.
Non è un supereroe né un concorrente della si un reality ma un reale, concreto, vicino a tutti, che sa farsi carico dei fardelli altrui perché abbiamo la vita e l'abbiamo in abbondanza.
Lasciamoci guardare da questo sguardo d'amore perché si degni un giorno anche a noi mostrarci il suo volto nella pienezza di una gloria che non ci sarà tolta.
Fra Michele Giuliano
Scritto da
Titolo: fra
Nome: Michele
Cognome: Giuliano
Data di nascita: 18-12-1972
Data ordinazione: 23-02-2003
Email: framichelegiuliano@hotmail.it
Incarichi
Frate presso Santuario Diocesano di Maria SS.ma dei Lattani
L 'artista Emanuele Gianpaolo ha voluto dare un titolo alquanto inusuale e pressoché anomalo a quella che è la "madre delle madri".
Imperturbata è una persona che rimane tranquilla, che si mostra serena, di fronte a fatti o a situazioni che potrebbero turbarla.
Maria in questo modo mostra la sua Pace interiore, quella che deriva dall'accogliere nel proprio grembo il figlio di Dio con la stessa "dignità” con cui accoglierà il corpo del figlio deposto dalla Croce.
La Madonna è stata per la vita di Emanuele, un punto essenziale di riferimento, come d'altronde lo è nella vita di ciascuno di noi.
Il suo volto non è divinizzato né idealizzato, ma imprime i lineamenti di una donna qualunque, quella “donna feriale" descritta così bene da Don Tonino bello.
Resta imperturbata in tutta la sua vita, anche quando il Figlio cade sotto il pesante legno della croce.
Non dimentica il suo ruolo di madre, né cerca di lenire la differenza ma è consapevole che a tutto c'è una ragione, persino al dolore.
Siamo noi a non doverci porre in un atteggiamento masochista o compiaciuto di fronte ad esso, piuttosto consapevoli che siamo creati ad immagine e somiglianza di Dio, ne portiamo l'impronta nella nostra quotidianità.
Anche noi, come Cristo, cadiamo sotto la pesante croce del nostro peccato. E questo dovrebbe aiutarci a non adagiarci ma a "turbarci" dei nostri errori per proseguire il cammino della vita.
È amore puro, incondizionato e disinteressato nei confronti di un'umanità che soffre e geme in attesa della resurrezione finale.
Con quello sguardo ci ricorda che saremo sempre affiancati dalla sua tenerezza, in tutti i momenti della nostra vita. Basta osservare con quante forza stringe a se il figlioletto nudo, così come è venuto al mondo. Carne della sua carne, sangue del suo sangue. Intessendo con lui un rapporto unico e indistruttibile, nel quale ognuno di noi può e deve ritrovarsi.
Sembra che Gesù in questo atteggiamento sembra ripeterci: "ecco vengo per fare nuove tutte le cose". E lei resta imperturbata perché già si è fidata di Dio con quel “si” manifestato all'angelo quando è entrato nella casa di Nazareth per indicarle il progetto che Dio aveva per tutta l'umanità e al quale lei non si è sottratta.
Nell'idea dell'artista quest’opera è realizzata non solo come gesto di devozione personale, ma perché renda visibile un amore divino e nel contempo che ci avvicini all'assoluto mistero di Dio. È un'opera da interpretare e che deve interpellarci sul senso nell'amore della nostra vita. Quanto questo più sarà autentico e concreto tanto più ci renderà anche noi "imperturbati" di fronte alla prove della vita. Solo così potremmo dire di aver capito il linguaggio di questa immagine.
Fra Michele Giuliano
Un'opera che rappresenta il GIUDIZIO umano, gesto che rappresenta, ruotando il dipinto, il movimento del dito che punta e decreta la vita e la morte, il vero e il falso, ciò che è giusto o sbagliato sostituendosi a Dio.
Gesto usato con Cristo, gesto che Cristo ammonisce con la Maddalena.
D'altronde chi punta un dito verso qualcuno o qualcosa ne punta almeno tre verso sè stesso.
Un'opera giovanile del pittore, attualmente collocata sull'altare minore della Chiesa San Francesco e Santa Chiara di Ponticelli a Napoli.
Un gioco prospettico di tessere colorate che per accostamento riproducono l'opera leonardesca, opera realizzata con tre punti di fuga ponendo lo spettatore all'interno dell'opera,
Opera di grandi dimensioni realizzata inizialmente come bozza per un San Gennaro sul vetro dell'arcata di una chiesa. Dalle forme geometriche accostate e l'intenzione di fuoriuscire sempre dalla realtà osserviamo l'ultimo periodo surrealista del pittore.